venerdì 10 giugno 2016

MAIALI IN TOGA (Pubblicato sul mensile “Il Lavoro Fascista” – Febbraio 2016)

Non è certo la prima volta che parlo di quella immonda categoria di esseri (sub)umani che si nascondono dietro una toga per colpire i cittadini onesti, rei soltanto di non appartenere al loro partito di riferimento, o alla loggia massonica che li ha accolti; ma questa volta cercherò di farlo nella maniera più ampia possibile, raccontando ai fessi che ancora credono nella Giustizia le tante esperienze personali e non, che mi hanno portato a comprendere come magistrati ed avvocati siano un vero cancro per il vivere civile.
Anni fa Berlusconi ebbe a definire la magistratura come una “metastasi”… Si sbagliava, perché la magistratura è il vero cancro originario, dal quale hanno in seguito avuto origine le tante metastasi che hanno ridotto la nostra società al ruolo di malato terminale senza più alcuna speranza di guarigione.
I magistrati voluti da questo schifo di repubblica delle banane nata nel 1945, sono dei veri e propri nemici della Nazione e dei cittadini, e sono messi al loro posto con i compiti di reprimere il dissenso, eliminare politici e cittadini che non vogliono sottomettersi alla loro dittatura, nonché minare le basi del vivere civile colpendo la famiglia e qualsiasi istituzione che osi frapporsi fra loro ed il caos nel quale stanno tentando di trascinare l’Italia e gli italiani.
Si guardino intorno i cretini che stanno pensando ad una mia clamorosa esagerazione: i delinquenti assolti o condannati a pene risibili, i cittadini per bene processati e condannati se e quando tentano di difendere le loro proprietà e le loro stesse vite; per non parlare dei vergognosi risarcimenti imposti al cittadino a favore di criminali ed assassini di ogni risma. E credete sia un caso il fatto che gli extracomunitari clandestini di ogni risma ricevano sempre assoluzioni per reati che portano agli italiani solo condanne?
TOGHE ROSSE 1
Di recente abbiamo visto un “povero” immigrato assolto per avere rubato del cibo spinto dalla fame… Ma le cronache hanno più volte riportato casi di pensionati italiani, ridotti alla fame da questo stesso Stato di merda che regala stipendi principeschi ai magistrati, condannati da “lorisgnori” per avere sottratto generi alimentari da negozi e supermercati: credete sia un caso?
Ma procediamo con ordine; qualcuno si starà chiedendo cosa mi abbia spinto in particolare ad affrontare questo argomento… E’ presto detto: di recente un maiale con toga da avvocato mi ha comunicato che un altro maiale con toga da magistrato mi ha condannato a sei mesi di reclusione (con la condizionale, bontà sua) per diffamazione!
Ora, già così sarebbe d’obbligo una riflessione, in quanto, nell’Italia dei clan mafiosi, dei clandestini impuniti, degli assassini a piede libero, delle tangenti su tutto e tutti, pensare all’esistenza di una canaglia in toga da PM che chiede una condanna a sei mesi di reclusione per alcune parole scritte in un articolo di giornale, e ad altra canaglia peggiore che accoglie questa richiesta, rasenta l’assurdo.
Ma c’è di più, dato che tutto quanto scrissi nell’articolo era assolutamente veritiero, e per giunta dimostrati e dimostrabile… Però siamo in Italia, dove chi viene derubato e grida “Al ladro”, viene condannato per diffamazione, mentre il ladro la fa allegramente franca.
Racconto il fatto completo, tanto per aprire ulteriormente gli occhi a chi legge, ed in special modo ai cosiddetti benpensanti, cioè quelli che aprono qualsiasi loro delirante frase con la premessa: “Ho piena fiducia nella Giustizia…”
Chi conosce la storia del nostro MFL-PSN, ricorderà che dopo la morte di Giorgio Pisanò (1997), ben due cordate di oscuri figuri tentarono di impadronirsi del movimento con la prepotenza e l’inganno, venendo però ben presto seppelliti sotto un’enorme mole di Ordinanze del Tribunale di Milano, che attestarono le piena legittimità dell’attuale MFL-PSN, all’epoca nelle mani del Martorana e con il sottoscritto suo Vice Segretario.
In particolare vennero emesse delle apposite Ordinanze contro i “congressi” falsi convocati da un certo Valle di Palermo, il quale, senza averne alcun titolo, si proclamava “segretario nazionale” e distribuiva ridicole cariche alla sua mezza dozzina di fedelissimi; i suoi congressi vennero riconosciuti come inesistenti, così come le cosiddette delibere e nomine, mentre il Valle stesso venne inibito dal promuovere qualsiasi iniziativa in nome e per conto del movimento.
Ma nonostante ciò, in uno sperduto paesino della Calabria, un mascalzone della peggiore specie continuò (e credo continui tuttora, ringalluzzito dall’opera di questi maiali in toga astigiani), a proclamarsi “Vice segretario nazionale” del MFL, vantando proprio una nomina ottenuta dal Valle durante i falsi congressi di cui sopra. E come se non bastasse, il mascalzone calabrese ha più volte, nel corso degli anni, presentato la lista elettorale del MFL alle elezioni locali, nonostante l’enorme mole di diffide inviate alle autorità ed alla Prefettura di Cosenza per inibire a questo rifiuto umano l’utilizzo del logo ufficiale del MFL, regolarmente depositato con atto notarile fin dal 1991. Ciliegina sulla torta: le liste presentate dal mascalzone abusivamente non hanno mai incontrato alcuna resistenza da parte della locale Prefettura, mentre quelle presentate dal vero ed unico MFL-PSN, venivano spesso boicottate e costrette a mutilare il logo!
Ecco come i maiali in toga amministrano la “giustizia” in chiave antifascista… Gli infiltrati che creano il caos e delegittimano un movimento legale (grazie a Sentenze di questa stessa magistratura lercia e corrotta, è bene ricordarlo), vengono tutelati e coccolati, mentre chi osa lamentarsi e contestare queste porcherie da repubblica delle banane viene intimidito a condannato a sei mesi di reclusione per avere detto la verità!
Giusto per confermare questo schifo, una nostra querela presentata contro il calabrese in questione per sostituzione di persona (reato ben più grave della diffamazione, anche perché il millantatore si è spesso presentato a pubbliche autorità con la sua falsa carica), è stata archiviata a tempo di record, mentre quella presentata dal suino calabrese andava a sentenza (anch’essa a tempo di record, chissà come mai) con la condanna di cui sopra ai miei danni.
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Credete possa bastare questo lerciume appena descritto per inquadrare l’operato nefando dei nostri maiali togati?
Ebbene, quanto detto è la parte meno vergognosa della questione, e vi spiego immediatamente perché: lo schifoso calabrese mi ha denunciato nel 2014 per avere scritto un articolo diffamatorio… Nel 2006! Otto anni prima!
Per chi non fosse introdotto alle questioni legali, ricordo questo: l’Art. 124 c. p. statuisce che, salvo che la legge non disponga altrimenti, il diritto di querela non può essere esercitato decorsi tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato.
Tre mesi e non novanta giorni; perché lo sottolineo? Perché anni fa, la stessa Procura di Asti, si rese colpevole di una porcata che ancora grida giustizia, e chi vi riassumo brevemente; subii una truffa da parte del solito sedicente camerata, il quale si fece pagare in anticipo via vaglia dei libri che non mi inviò mai… Ovviamente tentai di contattarlo telefonicamente ed inviai raccomandate di diffida, facendo passare un po’ di tempo prima di decidermi a presentare regolare querela.
La prima sorpresa: una baldracca in toga in forze ai comunisti, tentò di archiviare a tempo di record la mia querela, sostenendo nelle motivazioni che non ravvisava reati (ovviamente nella mente malata di certo togati rubare soldi ad Fascista non è reato!), e che comunque la mia querela era stata presentata in ritardo!
Ovviamente feci ricorso al GIP contro la richiesta di archiviazione, ottenendo (uno dei due o tre esempi di magistrati onesti conosciuti in 52 anni di vita) una grande soddisfazione: il GIP ordinò al PM di formulare l’imputazione per il reato di truffa, in quanto il reato stesso era evidente e la mia denuncia era stata presentata nei termini.
La soddisfazione fu di breve durata; alla prima udienza del processo un maiale in toga sancì, per fare contenta la baldracca in toga (che magari lo aveva convinto in un modo che i rossi contestano solo a Berlusconi), il non luogo a procedere, in quanto la mia querela era stata presentata 91 giorni dopo la commissione del reato!
Ora, è interessante fare notare due aspetti; il primo è la disparità di trattamento fra il Gariglio parte lesa (91 giorni sono troppi per denunciare ed ottenere giustizia), ed il Gariglio imputato (8 anni non bastano per metterlo al riparo da una querela); il secondo è l’articolo di Legge appena citato, che parla di 3 mesi e non di 90 giorni… Sfido qualsiasi coglione a consultare un calendario e verificare che, febbraio escluso (e non era questo il caso), in tre mesi consecutivi ci sono sempre 91 o 92 giorni, mai 90!
E così un PM mascalzone finge di non accorgersi, durante le cosiddette indagini preliminari, che la denuncia ai miei danni riguarda un fatto di 8 anni prima, ed un giudice ancora più mascalzone lo segue, condannandomi a sei mesi di reclusione!
A questo bel quadretto di luridi maiali grufolanti per la soddisfazione di avere incastrato il Fascista, manca il terzo porco, cioè il cosiddetto avvocato d’ufficio.
Per quanti non lo sapessero, le cose non funzionano come nei telefilm americani, dove sentiamo spesso la formula: “Se non puoi permetterti un legale difensore, te ne verrà assegnato uno d’ufficio a spese dello Stato”; qui, nella Patria di Pulcinella, divenuta repubblica delle banane nel 1945, non solo l’avvocato d’ufficio va retribuito, ma di norma è un incapace amico della Procura, che gli serve su un piatto d’argento clienti da truffare… Questioni di Loggia, molto probabilmente, dato che i maiali in toga d’Italia condividono praticamente tutti l’adesione a quell’immondizia chiamata Massoneria, all’interno della quale giudici ed avvocati si mettono d’accordo alle spalle dei cittadini per condurre i processi come meglio credono… Ma in ogni caso, molto spesso l’avvocato d’ufficio, pur senza avere mai svolto alcun tipo di difesa, concluso il processo si presenta con un decreto ingiuntivo di 2/3 mila euro ai danni dell’ignaro cittadino, e questo indipendentemente da come questo processo si sia concluso. Lo dico per esperienza, ovviamente… In passato, diverse volte mi sono trovato colpito da querele più o meno assurde, e mi sono ben guardato dal contattare il sedicente difensore, il quale, ai sensi della Legge, è tenuto semplicemente a presenziare alle udienze, rimettendosi alle decisioni del giudice.
Ebbene, nonostante ciò, persino in un caso dove lo stesso PM richiese l’archiviazione della querela ai miei danni, il maiale in toga da avvocato mi inviò un decreto ingiuntivo che mi imponeva di pagargli una parcella di 3 mila euro, nella quale sproloquiava di indagini svolte, linea difensiva e chiamate al cliente, che non c’erano mai state!
Naturalmente, non essendo il tipico italiano medio che si terrorizza davanti ad una qualsiasi cartolina verde, non pagai nulla ed il maiale in toga, per evitare ulteriori spese a suo carico, evitò di procedere con il pignoramento. Questo giusto per fare capire al cittadino che non ha mai avuto a che fare con la “giustizia” (e che per questo dice di averne fiducia), cosa si cela dietro questo mondo di veri e propri maiali.
Ma perché ho introdotto il discorso sui difensori d’ufficio? Per raccontarvi il comportamento del legale che mi era stato assegnato in quest’ultimo processo; contrariamente alle mie abitudini, questa volta lo contattai, scrivendogli una lunga mail ove spiegai di non avere soldi da buttare e di essere al massimo disponibile a firmare tutte le carte necessarie per godere del gratuito patrocinio, che esiste anche in Italia, ma è subordinato alla esibizione di carte e cartacce che dimostrano lo scarso reddito del richiedente.
In quella stessa mail fornii al togato tutta la documentazione atta a farmi assolvere, cioè le Ordinanze del Tribunale di Milano che dimostravano la falsità del calabrese querelante, nonché e soprattutto, la prove del fatto che l’articolo per il quale ero stato denunciato risaliva all’anno 2008.
Risposta del maiale in toga da avvocato: non mi interessa il gratuito patrocinio; se vuole i miei servizi mi deve pagare! Non lo contattai più e non lo sentii fino a qualche settimana fa, allorquando, con tono che dimostrava una certa soddisfazione, mi scrisse che il Tribunale di Asti mi aveva condannato a sei mesi di reclusione!
Ecco l’opera di un arrogante bastardo, amico della Procura di Asti, che dopo avere verificato l’impossibilità di estorcere denaro, non si è neppure preso la briga di consegnare al giudice la documentazione inviatagli!
Francamente mi fanno ridere quei Camerati del MFL-PSN che vantano la conoscenza di un amico d’infanzia convinto Fascista e disponibile a difenderci, perché in tutte le circostanze in cui ho tentato di avvalermi di questi amici e “camerati”, mi sono ritrovato ancora più truffato delle volte in cui ho lasciato fare ai difensori d’ufficio; potrei raccontarvi del cugino di un camerata milanese, che dopo avere incassato svariati anticipi in rigoroso nero, ebbe la brillante idea di non presentarsi a rappresentarmi in un processo, conclusosi, ovviamente, con la mia condanna… Per non parlare del caro amico e “camerata” di Katia De Ritis, che riuscì ad estorcere alla povera Katia un sacco di soldi per farci perdere vari ricorsi al TAR ed al Consiglio di Stato, e per vantarsi di avere presentato un ricorso in Cassazione in realtà mai neppure abbozzato!
Ma si sa, questi schifosi esseri che truffano e non difendono le persone per bene non solvibili, diventano dei veri e proprio mastini quando si tratta di difendere mafiosi, assassini, psicopatici e feccia varia, purché costoro abbiano di che pagare le loro laute parcelle. Persino individui come Olindo Romano e Rosa Bazzi trovano nobili avvocati pronti a battersi per la loro innocenza!
Ora, quello che vorrei fare comprendere ai lettori è questo: non si tratta di casi sfortunati, o di persone poco preparate, o ancora di eccezioni… Quando si parla di magistratura ed avvocatura, le vere eccezioni sono rappresentate dalle persone oneste e con una coscienza, non dal pattume dei maiali in toga che sto descrivendo in questo scritto.
E’ proprio il sistema ad essere volutamente marcio, e questo accade fin dal lontano 1945, allorquando i comunisti capitanati da Togliatti decisero di impadronirsi dei settori vitali della nascente democrazia, dato che grazie al trattato di Yalta, non avrebbero potuto sperare nella sollevazione armata per trascinare l’Italia nel blocco criminale sovietico. Leggiamo insieme un brano tratto dal blog del giornalista Rino Camilleri:
“13/12/2010 – La rubrica di risposte ai lettori «La stanza di Mario Cervi», su «Il Giornale», il 28 novembre 2010 ha ospitato una lettera in cui si segnalava la sagacia di Togliatti, il quale nel primo governo De Gasperi «pretese il ministero della Giustizia» e «mise a capo della commissione» per il reclutamento dei magistrati «il senatore comunista Malacugini e da allora tale incarico è sempre stato appannaggio delle sinistra». Nella lettera si aggiungeva che «a Finocchio, frazione di Roma, esisteva un collegio di studenti universitari iscritti a Giurisprudenza a spese del Partito Comunista Italiano, studenti che quasi all’unanimità vincevano i concorsi ed entravano in Magistratura. E come a Finocchio certamente succedeva in altre parti d’Italia». Cervi ha risposto dicendo che, per lui, tutto ciò appartiene «al campo delle esagerazioni se non delle ipotesi fantasiose». Il sottoscritto, tuttavia, ha personalmente conosciuto, quand’era studente, due coetanei di Lotta Continua e Potere Operaio che oggi sono magistrati. E perfino uno di Stella Rossa, oggi questore. Il sottoscritto può assicurare che grande fu la sua sorpresa nell’apprendere qual tipo di carriera costoro avessero poi scelto, giacché da studenti (anni Settanta) sognavano tutt’altro: come minimo, una cattedra universitaria di trozkismo”.
Immaginate quante altre strutture tipo quella citata di Finocchio esistevano ed esistono tutt’oggi in Italia… I nipotini di Stalin sono pagati dai rossi non per studiare le Leggi ed imparare ad applicarle, ma per distorcerle ad esclusivo favore dei loro degni compagni… Maiali in toga in malafede, o nella migliore delle ipotesi totalmente incapaci!
CHE TOGA 1
L’italiano medio, cosiddetto “benpensante”, non comprende affatto il disegno criminale che persegue la magistratura, sia essa di sinistra moderata, sia di sinistra estrema (il resto della magistratura, ben se ne guarda dal mettersi di traverso!)… E questo nonostante casi ben più gravi da quelli subiti dal sottoscritto siano ormai noti; provate a leggere questo articolo intitolato: “Io, ex toga MD vi racconto come i giudici di sinistra sono diventati un partito” (http://www.ilgiornale.it/…/io-ex-toga-md-vi-racconto-i-giud…). In esso potrete trovare racconti a dir poco agghiaccianti, specie se ci si immagina di finire di fronte a certi maiali in toga per essere giudicati…
“Francesco Tolin era direttore del periodico Potere Operaio, che il 30 ottobre 69 pubblicò un articolo dal titolo Sì alla violenza operaia, che portò successivamente alla condanna del direttore a 17 mesi di carcere senza condizionale. Una parte di MD si schierò in difesa dell’articolo contro i reati di opinione, e successivamente criticò con toni molto duri la sentenza di condanna: atteggiamenti che non furono tollerati dalla parte moderata di quel raggruppamento, che diede successivamente vita alla corrente «Impegno Costituzionale».”
Capito i compagni in toga? Contro i reati d’opinione se commessi dai loro sodali, ma sempre pronti a condannare alla galera imberbi ragazzini che fanno il saluto romano, o gente esasperata, come il sottoscritto, da provocatori e falsari di ogni risma!
Del resto lo vediamo ogni giorno: tutti i pidocchiosi nascosti dietro le varie sigle facenti capo ai cosiddetti “centri sociali” liberi di occupare altrui proprietà, di manifestare senza autorizzazione, di aggredire le forze dell’ordine, di imbrattare le città con i loro manifesti deliranti… E chi protesta contro questo stato di cose, in galera! Neppure quello che è stato definito il più eclatante dei casi di macelleria giudiziaria, cioè il caso Enzo Tortora, è servito per fare comprendere all’idiota medio quale sia il ruolo della magistratura in Italia.
Non voglio sprecare spazio per riportare articoli riguardanti il suddetto caso, anche perché qualsiasi imbecille può reperire tutto il materiale che vuole con una semplicissima ricerca su Google; qui il mio intento è quello di evidenziare come il furore e la bestialità di certe toghe possa colpire anche chi non è certo Fascista, ma un semplice liberale mai invischiatosi nella politica attiva… Anzi, un uomo di spettacolo, noto a tutti gli italiani ed in grado quanto meno di difendersi.
Immaginate quanti personaggi “invisibili” alle cronache hanno subito e subiranno trattamenti analoghi!
Ma soprattutto, verificate quanto impermeabili siano ad ogni conseguenza anche i più criminali di questi togati.
Giustizia ingiusta 1
“Tortora, dopo 22 anni ecco un’altra ingiustizia. I giornalisti Jannuzzi e De Gregorio (oggi senatore PDL) condannati a versare 280 mila euro al giudice che inquisì l’ex volto TV, poi assolto.
La colpa? Aver raccontato un processo orrore. (Lino Jannuzzi – 27/02/2011 )”
(…) IL VALZER DELLE SENTENZE.
È sulla base di «pentiti» come questi e delle storie da loro raccontate che, dopo sette mesi di dibattimento e 225 udienze, il 17 dicembre del 1985, due anni e mezzo dopo il blitz del venerdì nero, i giudici di Napoli hanno condannato Enzo Tortora a dieci anni e sei mesi di carcere. Meno di un anno dopo, il 15 settembre del 1986, Tortora è stato assolto in appello con formula piena. Con lui sono stati assolti altri 131 imputati, che con i 102 assolti in primo grado fanno 233 e con i 70 assolti nel secondo troncone salgono a oltre 300, senza contare gli 87 «omonimi» arrestati e poi liberati: fanno quasi tre quarti della grande retata.
Otto mesi dopo, il 18 maggio del 1987, la Cassazione completerà l’opera, confermando l’assoluzione di Tortora e degli altri 131 e annullando un altro po’ di condanne (…) Un anno dopo la sentenza della Cassazione Tortora morirà, stroncato da un tumore: «In quelle orrende mura del carcere – dirà nell’ultima sua apparizione in televisione collegato dal suo letto nell’ospedale – mi hanno fatto esplodere una bomba atomica dentro…». È il 20 maggio del 1988,e per l’occasione il cronista giudiziario de Il Giornale di Napoli, diretto da Lino Jannuzzi, ha rievocato le vicende del processo. Ventidue anni dopo altri giudici, sempre di Napoli, hanno condannato il cronista e il direttore a pagare.
INSULTATO ANCHE DA MORTO.
A Gianni Melluso è andata meglio. Dopo avere calunniato impunemente il vivo, prese a calunniare il morto. Nel novembre del 1992, quattro anni dopo la morte di Tortora, il settimanale Gente pubblicò una sua intervista sotto il titolo: «Gianni Melluso esce dal carcere e insiste: Tortora era colpevole». Dice proprio così: «Io gli davo la droga e lui mi pagava». Le figlie di Tortora sporsero querela per calunnia. Due anni dopo la pubblicazione dell’intervista e la querela, il gip del tribunale civile e penale di Milano Clementina Forleo respinge la querela, condannando le figlie di Tortora alle spese processuali, e motiva: «La sentenza di assoluzione del Tortora rappresenta soltanto la verità processuale sul fatto-reato a lui attribuito e non anche la verità reale del fatto storicamente verificatosi».
Due mesi dopo, l’allora sostituto procuratore generale della Repubblica a Milano Elena Paciotti, che poi sarà membro del Csm, presidente dell’Associazione magistrati e infine deputato europeo nelle liste PD-PDS, respinge l’istanza di apertura del procedimento con questa motivazione: «L’assoluzione di Enzo Tortora con formula piena non è conseguenza della ritenuta falsità delle dichiarazioni di Gianni Melluso e di altri chiamanti in correità, ma della ritenuta inidoneità delle stesse a contribuire valida prova d’accusa…».
L’ULTIMO SFREGIO
Nessuno dei «pentiti» sbugiardati è stato incriminato, processato e condannato per calunnia. Nessuno dei magistrati che hanno gestito l’inchiesta è stato inquisito e punito dal Csm. Anzi, hanno fatto tutti una splendida carriera. Nessun risarcimento è stato riconosciuto ad Enzo Tortora o ai suoi eredi. Anzi, le sue figlie hanno dovuto pagare le spese per la querela fatta a Melluso. I giornalisti (pochi) che hanno raccontato e denunciato i misfatti del processo sono stati condannati a risarcire lautamente i magistrati «per avere offeso la loro reputazione».”
Capito signori? Occhio a non offendere la loro reputazione, altrimenti un compagno in toga pronto a soccorrerli lo si trova subito!
Mi viene alla mente il caso di Indro Montanelli, giornalista condannato a suo tempo per avere definito Luciano Violante “magistrato comunista”… E dato che Violante era innegabilmente sia magistrato, sia comunista, per motivare la condanna il solerte compagno giudicante in toga sostenne che il tono usato dal Montanelli per definirlo così era oltraggioso!
Potrei continuare per ore a raccontare le porcherie subite direttamente, o da persone conosciute, ad opera di questi luridi maiali in toga… Potrei parlare del PM che archiviò una mia denuncia contro anonimo comunista che insultava e minacciava telematicamente me e la mia famiglia, con la motivazione: “Sarebbe troppo costoso scoprire l’identità dello anonimo”, oppure di quello che tenne nascosta nel cassetto una mia querela contro un Senatore DS della mia zona, tirandola poi fuori dopo anni per scrivermi una sorta di sfottò del tipo: “Ora si può archiviare la querela in quanto il reato è prescritto”… E perché non parlare del maiale astigiano che, come mi venne raccontato da un Carabiniere, mandava avanti solo processi che vedevano inquisiti Carabinieri o agenti di Polizia accusati di violenza da spacciatori ed extracomunitari vari, e questo per vendicarsi di una cicatrice sulla testa causata, in gioventù, dalla manganellata di un Carabiniere (purtroppo troppo leggera), dato che il “vostro onore” era un brigante di Lotta Continua dedito a scontri ed aggressioni di piazza!
Quanta differenza con il caso di Almerigo Grilz, giovane laureato in giurisprudenza che, reo di essere considerato “fascista” (anche se missino sarebbe stato più indicato), venne rifiutato dal consiglio dell’ordine degli avvocati di Trieste, in quanto non avente i requisiti di “specchiata ed illibata condotta di vita”
Motivo? Una condanna per “apologia di Fascismo”! Magari un saluto romano in piazza… Almerigo pagò con la vita questa scelta del consiglio dell’ordine degli avvocati; divenuto giornalista e corrispondente di guerra, fu ucciso in Mozambico da un proiettile vagante nel 1987, a soli 34 anni.
Ovviamente l’ordine professionale dei giornalisti triestini non ha mai voluto che il suo nome fosse inserito nella targa commemorativa dedicata a tutti i giornalisti caduti sul lavoro… Lui era Fascista… E loro, come gran parte dei giornalisti, degli emeriti maiali, seppure senza toga!
Ci avviciniamo alla conclusione di questa mia fatica, che temo sarà inutile come di consueto, dato che ben pochi comprenderanno il pericolo che magistrati ed avvocati rappresentano per la nostra civiltà. Ma a mo’ di ciliegina sulla torta, prima di concludere vorrei evidenziare quanto sia profonda la malattia mentale esibita da certi maiali in toga, i quali, incuranti persino del ridicolo, cercano di politicizzare tutto.
Come ben saprete, nell’ottica dello sfasciare la famiglia, la magistratura ha più volte sentenziato che chi tenta di educare al meglio il figlio, magari dandogli uno scappellotto per correggerlo, debba finire in galera; ovviamente nulla da dire sulle famiglie allargate alla maniera comunista, né sui genitori che allevano il figlio a suon di spinelli e vita libera. E neppure si tanti amati zingari rom che gettano i figli in strada ad accattonare e rapinare onesti cittadini.
Ma leggere certe cose rappresenta un assurdo per la semplice logica:
La Corte di Cassazione, con una storica sentenza, ha condannato un padre colpevole di aver picchiato suo figlio. I giudici hanno insistito sul concetto per cui “gli schiaffi sono un retaggio fascista e creano problemi alla personalità dei ragazzi”. La Corte ha sottolineato come “non può più ritenersi lecito l’uso della violenza, fisica o psichica, sia pure finalizzato a scopi ritenuti educativi”. Svolta anche nelle conseguenze della violenza: “Il bambino abusato – è scritto nella sentenza – ha probabilità di diventare un individuo predisposto a relazioni violente in cui reitera l’ esperienza di abuso; divenuto genitore, egli potrà assumere comportamenti abusanti”.
Avete letto signori? Gli schiaffi sono un retaggio Fascista! Come dire che dall’anno zero fino al 1919 nessuna famiglia ha mai visto al suo interno un figlio schiaffeggiato, dato che il Fascismo non esisteva!
Chissà nei paradisi tanto cari a nostri maiali in toga, tipo l’URSS di Lenin e Stalin, o la Cina di Mao, o il Vietnam di Pol Pot, qualcuno ha mai osato dare un ceffone al proprio figlio!
Persone che concepiscono simili pensieri e li fissano in delle sentenze sono nulla più che pericolosi malati di mente, che andrebbero messi nella condizione di non nuocere più alle persone oneste!
Prima di chiudere definitivamente questo orrendo viaggio nel mondo della malattia criminale dei togati, date uno sguardo ad alcune delle loro perle, tratte da Sentenze di quella che con somma ironia viene chiamata “suprema” Corte di Cassazione:
Tizio deve rispondere del reato previsto dall’art. 609 quinquis p.c. perché mostrava il proprio pene ad una bambina di quattro anni. Rinviato al giudizio del Tribunale, il giudice svolge questa edificante motivazione: «L’uomo, pur trovandosi in pieno centro abitato, a causa di una patologia alla prostata documentata dalla cartella clinica prodotta, non sarebbe riuscito a trattenersi dalla necessità di urinare». E lo assolve. Del tutto inutile, per questo giudice, verificare perché poi l’imputato non abbia urinato e perché, visto che aveva questo bisogno impellente, non abbia rivolto il suo pene verso il muro, preferendo, invece, esibirlo davanti al finestrino dove si trovava la piccolina».
Processo a carico del solito senegalese imputato di avere detenuto per la vendita una grande quantità di opere contraffatte e ritenuto colpevole del reato ascrittogli. Ecco il ragionamento del giudice quando deve determinare la pena: «L’aggravante del grande numero di opere poste in vendita e la recidiva vanno dichiarate subvalenti rispetto all’ipotesi lieve per la ricettazione ed alle attenuanti generiche, che si concedono perché l’imputato è africano e l’Africa è povera».
Lo stupro con i jeans è meno grave. Una sentenza che fece molto scalpore all’epoca, per cui una donna non vide riconosciuta la violenza carnale ai suoi danni perché ‘l’indumento non è sfilabile senza la fattiva collaborazione di chi lo indossa‘. (che una donna possa essere paralizzata dalla paura, o minacciata da un’arma, non è stato preso in considerazione.)
Libertà d’insulto. Un signore si rivolge a Silvio Berlusconi con queste parole:’Fatti processare, buffone! Rispetta le leggi, rispetta la Costituzione, rispetta la democrazia, rispetta la dignità degli italiani o farai la fine di Ceausescu o di don Rodrigo‘. La Cassazione lo assolve perché non lo ha ingiuriato bensì ha svolto ‘utile critica sociale‘.
Ma non vale per tutti. La Cassazione conferma la condanna di un contadino che, stufo dei continui rutti del proprio vicino, lo aveva apostrofato come maiale. (Li immagino i togati grufolanti durante la discussione per emettere questa, sofferta sentenza!).
Gennaio 2009: annullata la condanna a un uomo scoperto a coltivare cannabis. Motivazione: le piante non erano ancora giunte a maturazione, dunque non rappresentavano un pericolo per la salute pubblica.
La Cassazione annulla la condanna a una donna rom che aveva costretto il figlio a chiedere l’elemosina, perché l’accattonaggio per «alcune comunità costituisce condizione di vita radicata nella cultura».
Capito, cari lettori, a quale genere di pericolosi rifiuti umani dobbiamo affidare le nostre vite?
Carlo Gariglio

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